Reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente: rapporto e differenza con il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. “revenge porn”)

Reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente: rapporto e differenza con il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. “revenge porn”)

 

L’art. 617-septies è stato inserito nel nostro Codice penale per reprimere quei comportamenti che, attraverso la diffusione di materiale raccolto fraudolentemente, violano la riservatezza degli individui danneggiandone la reputazione e l’immagine.

Il delitto in esame punisce colui che diffonde il contenuto di incontri o conversazioni riservate, registrate fraudolentemente con mezzi insidiosi come microfoni o telecamere nascoste, allo scopo di recare nocumento all’altrui reputazione.

I beni giuridici tutelati sono diversi: la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (garantiti dall’art. 15 Cost.), il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero attraverso scritti, parole e ogni altro mezzo di diffusione (garantito dall’art. 21 Cost.), l’inviolabilità del domicilio (garantito dall’art. 14 Cost.) e, infine, tutelare l’onore e la reputazione degli interlocutori della conversazione che avviene in privato, in quanto la diffusione illecita di tale colloquio, destinato a rimanere tra i presenti, potrebbe danneggiare l’immagine e la reputazione della persona offesa, violando l’art. 2 Cost.

La condotta sanzionata consiste, pertanto, nella diffusione di una captazione fraudolenta, effettuata mediante riprese audio/video o registrazioni di conversazioni o incontri di tipo privato, alle quali l’agente abbia preso parte. Si tratta di condotte agevolate dall’ingente diffusione di mezzi tecnologici idonei all’immediata divulgazione di contenuti comunicativi carpiti senza l’altrui consenso, come ad esempio, i moderni dispositivi portatili e i social media di cui facciamo largo uso.

L’art. 617-septies c.p., al secondo comma, contempla l’esclusione della punibilità se la condotta della diffusione delle riprese o delle registrazioni deriva dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo, giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o di cronaca.

L’ultimo comma dell’art. 617-septies c.p. prevede la procedibilità a querela di parte, a ulteriore conferma che l’oggetto di tutela della norma consiste nell’interesse del soggetto a non vedere compromessa la propria immagine e reputazione da divulgazioni non autorizzate all’esterno di manifestazioni del proprio pensiero espresse in privato.

L’elemento soggettivo consiste nel dolo specifico: la condotta dell’agente deve essere posta in essere al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine. Trattasi di uno scopo ulteriore verso cui deve tendere la volontà del soggetto agente, ma che, ai fini dell’esistenza del reato, non occorre che sia effettivamente conseguito. E’ ammissibile anche il dolo eventuale, consistente nell’accettazione del rischio che la messa in circolazione delle riprese o delle registrazioni fraudolentemente carpite possa determinarne la diffusione. Va altresì sottolineato che il requisito della fraudolenza si traduce in un’attività occulta in danno di un altro soggetto, dunque, l’involontaria attivazione di un microfono non integra il reato in questione.

La fattispecie in questione pone il tema del raffronto con altri reati che tutelano uguali beni giuridici, come la disposizione dell’art 612-ter c.p. che, ai fini di tutelare la libertà morale dell’individuo, punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e si sostanzia nella divulgazione online non autorizzata di file multimediali a contenuto sessualmente manifesto, soprattutto a scopo di vendetta nei confronti dell’ex partner.

Peculiarità di questo tipo di immagini e video è la connotazione del loro contenuto, che deve essere sessualmente esplicito (mentre nel reato ex art. 617-septies c.p. è sufficiente che tali immagini/video riguardino “dati sensibili”) oltreché girati con il consenso della persona ritratta. La condotta tipica del 612-ter, infatti, consiste alternativamente nell’inviare, consegnare, cedere, pubblicare o diffondere immagini o video a contenuto sessualmente palese senza il consenso della persona rappresentata (c.d. “revenge porn”). Pertanto, ad essere non consensuale, nel reato di cui all’art. 612-ter c.p. non è la realizzazione del materiale pornografico, ma la sua successiva divulgazione.

Il reato di “revenge porn”, come poc’anzi sottolineato, tutela la c.d. “libertà morale”; trattasi di un particolare aspetto della libertà individuale, rappresentato dalla libertà di un soggetto di autodeterminarsi secondo il proprio convincimento, senza subire forme illegittime di costrizioni o limitazioni. Tale libertà morale trova un referente costituzionale nell’art. 13  Cost. che sotto la libertà personale tutela non solo la libertà fisica della persona, ma anche quella morale, in quanto presupposto di tutte le altre libertà esterne (movimento, religione, economiche ecc).

                                                                     Dott. Valeriano Aquino