Incidente provocato da un cane randagio, responsabilità e risarcimento danni.
Il fenomeno del randagismo degli animali domestici è stato disciplinato dalla Legge Statale, cd. Legge quadro, n° 281/91, la quale ha demandato alle Regioni l’istituzione dell’Anagrafe canina e l’adozione di programmi per la prevenzione ed il controllo del randagismo.
Nel nostro caso, la Regione Lazio con L. R. n° 34, del 21/07/1997, denominata “Tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo” ha disciplinato la materia. L’art. 3 (competenze dei servizi veterinari delle aziende USL) prevede tra l’altro al comma 3: “i servizi veterinari delle aziende USL, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, assicurano sul territorio a) il servizio di accalappiamento di cani vaganti, la relativa comunicazione al Comune interessato e la consegna dei cani catturati o restituiti alle strutture di ricovero, previa effettuazione delle profilassi previste…”; mentre, l’art. 2 (competenze dei Comuni e delle Comunità Montane) prevede al comma 2: “gli enti di cui al comma 1 (Comuni) mettono a disposizione del servizio veterinario dell’azienda USL, competente per territorio, strutture adeguate per lo svolgimento delle funzioni di cui all’art. 3 (tra cui il servizio di accalappiamento)”. Inoltre, la Regione Lazio, con Delibera di Giunta, n° 43/2010, ha previsto al punto C (Servizio di cattura dei cani vaganti) dell’Allegato alla stessa: “i cittadini che rinvengono un cane vagante, comunicano le informazioni utili al suo rinvenimento al Comune e/o ad un Organo di Polizia. I Servizi Veterinari delle USL assicurano il servizio di cattura e recupero di cani vaganti previa segnalazione da parte del Comune interessato e di altri Enti od organi di polizia con funzione di controllo del territorio…”. A ciò si aggiunga che il Decreto Legge 503/1992, all’art. 3, comma 14, ha previsto che il Sindaco verifichi l’andamento generale dell’attività delle ASL attraverso l’attività di vigilanza, quale rappresentante dell’Ente territoriale e non quale Ufficiale di Governo.
Infine, l’art. 2043 del Codice Civile stabilisce: “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
Dunque, all’esito della normativa richiamata, si può precisare che nell’ipotesi di incidente con cane randagio, il presupposto della responsabilità a carico dell’Ente Pubblico è di tipo extracontrattuale e trova la sua premessa nell’art. 2043 del codice civile.
Pertanto, ricorrendo tutti gli elementi previsti dalla fattispecie astratta, ossia a) l’evento dannoso, b) l’ingiustizia del danno, c) il nesso di causalità, d) la riferibilità psichica dell’evento al suo autore in termini di dolo o colpa, il danneggiato potrà ricorrere all’autorità giudiziaria per l’ottenimento del risarcimento del danno subito.
Nel caso di specie, in caso di incidente con cane randagio, la responsabilità extracontrattuale (cd. Aquiliana) deve ritenersi sussistere in tutti i casi di mancata adozione di misure di controllo del fenomeno del randagismo da parte degli Enti preposti.
Nella Regione Lazio, in base alla normativa sopra richiamata, l’obbligo di controllo sul randagismo grava anche sull’Azienda Sanitaria oltre che sul Comune. I due Enti hanno obblighi distinti; la ASL è tenuta a catturare i cani randagi, mentre il Comune è tenuto a vigilare il territorio e denunciare la presenza di animali vaganti (a seguito delle segnalazioni dei cittadini), a custodire gli animali una volta catturati ed a vigilare e controllare l’attività della ASL.
Pertanto, non può non riconoscersi anche in capo al Comune, oltre alla ASL, nel momento in cui viene meno ai propri doveri ed obblighi in materia di randagismo, una responsabilità aquiliana basata sul generale principio del neminem laedere laddove, dal mancato o insufficiente assolvimento dei predetti doveri, derivino danni ai cittadini.
Viene così a delinearsi e configurarsi un intreccio legislativo e funzionalmente connesso di responsabilità sia del Comune che della ASL che non può avere altra conseguenza che quella di tenere affiancati i due enti sul piano della responsabilità.
Orbene, anche la Cassazione, con la sentenza 2741, del 12/02/2015, ha riaffermato che, in base al principio del neminem laedere la P.A. è responsabile dei danni riconducibili all’omissione dei comportamenti dovuti, che costituiscono il limite esterno alla sua attività discrezionale e integrano la norma primaria di cui all’art. 2043 C.C. Nella specie il Supremo Collegio ha rilevato che “il Comune deve rispondere dei danni patiti da un ciclomotorista aggredito da un cane randagio durante la marcia del mezzo, atteso che l’Ente territoriale -ai sensi della legge 281/91 e delle leggi regionali in tema di animali di affezione e prevenzione del randagismo- è tenuto, in correlazione con gli altri soggetti indicati dalla legge, al rispetto del dovere di protezione e controllo del randagismo sul territorio di competenza”.
In conclusione, i danni patiti da un soggetto, che veniva aggredito da un cane randagio, mentre conduceva la bicicletta, sono dovuti e potranno essere richiesti, sia al Comune, sia alla ASL, atteso che detti enti -ai sensi della Legge quadro 281/91 e della Legge Regione Lazio 34/97, in tema di animali di affezione e prevenzione del randagismo- sono tenuti al rispetto del dovere di prevenzione e controllo del randagismo sul territorio di competenza.
Avv. Antonio Aquino