Sottosuolo su cui sorge la palazzina condominiale, utilizzo esclusivo da parte di uno dei condomini.
La legge di riforma del condominio del 2012 non indica tra le parti comuni del condominio il sottosuolo.
Allo stesso modo, l’art. 1117 del codice civile, come modificato dalla legge 220/2012, precisa quali sono le parti comuni dell’edificio condominiale, di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari, indicando il suolo su cui sorge l’edificio e le fondazioni, ma non fa alcun riferimento al sottosuolo.
A questo punto è importante evidenziare la definizione di suolo e sottosuolo.
In un primo momento la giurisprudenza indicava per suolo condominiale il livello dell’area corrispondente a quello del terreno o piano di campagna circostante l’edificio.
Successivamente, la giurisprudenza ha affermato che il suolo su cui sorge l’edificio è costituito dalla porzione di terreno sulla quale poggia l’intero edificio con ciò intendendo anche quel tratto di terreno posto in profondità, sottostante al piano di campagna del fabbricato, sul quale posano le fondamenta della costruzione.
Il sottosuolo, invece, è rappresentato dallo spazio esistente in profondità e sottostante il suolo su cui sorge l’edificio e la sua funzione è quella di costituire sostegno all’edificio utile alla sua stabilità.
La giurisprudenza e la dottrina sono concordi nel ritenere che il regime di comunione del suolo si estende al sottosuolo quando non sussista alcun titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini.
Il sottosuolo sebbene non menzionato dall’art. 1117 codice civile, per il combinato disposto con l’art. 840 codice civile, va considerato anch’esso di proprietà comune, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, sia in relazione alla previsione normativa dell’estensione della proprietà del suolo al sottosuolo, sia con riguardo alla funzione di sostegno che esso contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato.
Chiaramente per suolo e sottosuolo deve intendersi l’intera area delimitata dalle mura perimetrali dell’edificio stesso.
Invece, il suolo circostante (adiacente) può rientrare fra le cose comuni solo per diverso titolo potendosi trovare in rapporto di accessorietà o pertinenza con l’edificio stesso.
Pertanto, la natura condominiale del sottosuolo preclude al singolo condomino di assoggettarlo a proprio uso esclusivo impedendone il pari uso agli altri condomini senza il consenso di quest’ultimi, sempre che non si abbia la prova di aver acquistato in base ad un valido titolo una porzione di esso.
L’art. 1102 del codice civile prevede l’utilizzo delle parti comuni da parte del singolo condomino solo quando l’uso rientri tra quelli cui è destinato il bene e non alteri od ostacoli il godimento degli altri comunisti, poiché l’utilizzazione da parte di ciascun proprietario trova un limite nella concorrente e analoga facoltà degli altri.
L’art. 1102 del codice civile vieta al singolo partecipante di attrarre la cosa comune o una sua parte nell’orbita della propria disponibilità esclusiva e di sottrarlo in tal modo alla possibilità di godimento degli altri contitolari, estendendosi il diritto di ciascuno nei limiti della quota su tutta la cosa. Comunque, l’utilizzazione della cosa comune o di una sua porzione da parte di uno o di alcuni dei partecipanti deve ritenersi legittima solo nel caso in cui sia attuata in esecuzione di uno specifico accordo concluso tra tutti i titolari del diritto.
Atteso quanto sopra, l’utilizzo del sottosuolo comune non è consentito a nessun condomino se impedisce agli altri condomini la possibilità almeno ipotetica di farne pari uso.
La natura condominiale del sottosuolo fa sì che il condomino non può, senza il consenso degli altri, procedere ad escavazioni in profondità del sottosuolo per ricavarne dei nuovi locali o ingrandire quelli esistenti, comportando tale attività l’assoggettamento di un bene comune a vantaggio del singolo e attrarre la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva viene a ledere il diritto di proprietà degli altri condomini su una parte comune dell’edificio.
A salvaguardia delle destinazioni d’uso dei beni comuni il legislatore con la legge 220/2012 ha inserito nel codice civile l’art. 1117 quater, con cui vengono indicate le tutele che il condominio o i singoli condomini possono attivare nel caso di attività contraria alla destinazione d’uso del bene comune. La norma prevede, in primo luogo, in caso di attività che incidono negativamente ed in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, la legittimazione ad agire giudizialmente in capo al singolo condomino, per la tutela delle cose comuni, secondo poi, la possibilità che un solo condomino possa richiedere la riunione assembleare perché si ponga fine alla violazione.
In definitiva, lo spazio sottostante al suolo su cui sorge un edificio in condominio deve considerarsi di proprietà comune, qualora manchi un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini. Dunque, il condomino non può senza il consenso degli altri procedere ad escavazioni nel sottosuolo condominiale assoggettando il bene a proprio vantaggio.
Il legislatore attribuisce la legittimazione attiva alla tutela del bene comune al singolo condomino, il quale ha anche il potere di chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione (Cass. Civ. 6154/2016; Cass. Civ. 8038/2015; Cass. Civ. 11667/2015; Cass. Civ. 234/2016; Cass. Civ. 17072/2015).